giovedì 11 settembre 2008

Al Todi Arte Festival Pupi Avati racconta come Giotto incontra San Francesco

Grazie al cinema, l'arte della finzione, per Pupi Avati è stato più facile rendere suggestiva la scena della preparazione e della realizzazione di uno dei 28 affreschi che Giotto e i suoi aiuti hanno dipinto sulle pareti della Basilica Superiore di Assisi e precisamente la scena in cui Francesco si spoglia e restituisce le vesti e i denari al padre davanti al vescovo di Assisi che lo copre con il suo mantello.
Studiati da Alvise Avati gli effetti speciali hanno permesso "magicamente" di far rinascere su un grande muro riprodotto all'altezza dell'altare del Tempio di San Fortunato un pezzo di affresco del ciclo giottesco, partendo dai disegni preparativi in parete fino allo straordinario risultato finale.
Sul pulpito il Narratore (Achille Roselletti) e intorno ai ponteggi di legno, su e giù con le scale a pioli, si muove la bottega di Angelotto di Bondone, detto Giotto (il bravissimo ed ispirato Michele Nani) , formata da Amicangelo di Silla (Valerio Amoruso), Ennio di Pontenova (Mauro Celaia) Torello di Sasso (Sandro Stefanini, Faliero del Gallo (Raffaele Ottolenghi), Ottorino del Luzzo (Francesco Paliferi).Tutti pittori e manovali dell'epoca che dovrebbero aver partecipato, le notizie purtroppo sono scarse, alla creazione di quella che viene unanimemente considerata "la più bella casa di preghiera del mondo."
Avati, impegnato anche con l'uscita del suo ultimo film "Il papà di Giovanna" al Festival di Venezia, all'inizio aveva nicchiato quando l'amico di vecchia data Maurizio Costanzo gli aveva chiesto di fare la regia delle letture dei Fioretti di San Francesco.
"Francesco è un personaggio troppo rappresentato, si finisce per essere scontati"
, aveva risposto. Però poi, tornato un giorno a rivedere il ciclo giottesco, ansimando su per la salita verso la Basilica, si era chiesto quali fossero le sensazioni provate dai pittori facendo quella stessa strada, a cosa si erano ispirati, come si erano immaginati il Santo, in parole povere da chi, cosa e come erano nati quei capolavori.
Un'intuizione splendida che ha permesso la nascita di "Sorella luna e le stelle", spettacolo che a nostro avviso merita una vita ben più lunga di quella di un Festival, anche se la scelta della location gioca e giocherà sempre un ruolo determinante sul fascino di questa pièce scritta e diretta da Avati e prodotta dalla "Ventidieci".
La grande navata del Tempio tuderte, bisogna dargliene atto, riesce a ricreare alla perfezione il grande spazio della Basilica Superiore e quando nel buio, illuminato solo dalle candele appoggiate al ponteggio mobile, sotto le pennellate di Giotto sul muro prende corpo l'immagine di Francesco, di profilo, coperto dalla vita da un drappo per gli oltre 500 spettatori della "prima" diventa difficile non avvertire a pelle la sensazione di essere altrove, in trepida attesa di un evento che sta per cambiare la storia dell'arte.
L'impianto della pièce è semplice ma suscita interesse per la meticolosa ricerca storica. Tre manovali e due pittori più Giotto arrivano nella chiesa, per onorare il contratto fatto con frati francescani (ma i soldi sembra fossero di Bonifacio XIII), settantaquattro anni dopo la morte del Santo poverello.
Di lui conoscono poco, solo vox populi, dicerie, leggende passate di bocca in bocca dai pellegrini, l'approssimativa biografia di Bonaventura di Bagnoreggio.
Angelotto di Bondone, da oculato imprenditore si accerta prima che il denaro sia arrivato ad Assisi poi chiede a tre frati, Frate Lino (Luca Labarile), Frate Anastasio (Rodolfo Mantovani), Frate Giovanni Da Muro (Luciano Mariucci) di raccontargli spaccati della vita di Francesco.
Ovviamente rimane folgorato dalla poetica dei Fioretti.
"Laudato sii o Signore per sorella luna e per le stelle , clarite e preziose e belle"
continua a ripetersi Giotto arrovellandosi su quale colore dovrà usare per dipingere quel cielo "divino" descritto da Francesco.
La sua esperienza è già grande e smaliziata
"Bisogna pensare sempre con la propria testa e fare quello che la committenza chiede.
Il nostro è un mestiere che va fatto con occhi giovani. Il giudizio di chi paga l'opera spesso è condizionato dall'idea che lui aveva nella testa e non l'ha saputa esprimere"
però il pensiero del Santo lo incanta, lo spiazza, lo infervora, lo spinge a dipingere il volto da solo e di notte, al lume di candela.
Così è nato un capolavoro. Lungamente applauditi dal foltissimo pubblico (tra i presenti anche Nastasi, capo di Gabinetto del Ministero per le Attività culturali ed il sottosegretario Giro, l'onorevole Rocco Girlanda, il senatore Benedetti Valentini ed il presidente del consiglio regionale Tippolotti) gli interpreti, tutti attori umbri, lo stesso Pupi Avati e lo spettacolo che ha fatto segnare il primo punto a favore di un programma dal quale tutti ormai si aspettano ancora tante belle sorprese.

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